SIPARIO

È come un bagliore che mi accoglie entrando, dopo la penombra di una prima stanza, nello studio di Raffaele. Allora, osservando il grande dipinto, mi chiedo se sia finito, appeso alla parete e come in attesa. Forse manca un segno, una stesura, ma è come se già si svolgesse, annunciandosi in questo riverbero abbagliante che ne è già l’essenza, ciò che darà forza al suo compiersi.

Ed è proprio in questa accensione cromatica che si immerge un segno verticale con un percorso che induce lo sguardo a percorrere la superficie, trascorrendo fra densità e aloni, donandole una energia che, grazie al variare continuo del percorso, vibra e si espande per tutto il dipinto. Ed è un variare che si articola in modo sempre diverso, ora come una traiettoria precipitante, ora con l’affiorare di una ferita o uno strappo, ora con il flettersi in una curva, organizzandosi in fasce o aprendo nuove aree cromatiche o mutando velocità o repentinamente arrestandosi, mantenendo però sempre un’energia che fa vibrare il colore. È dal segno che scaturiscono tutte le possibili potenzialità dell’immagine, dalle trasparenze alle densità sino al corrugarsi della materia in un tumulto cromatico o distendendosi in un appagamento luminoso. È certo una coerenza, ma non dovuta alla declinazione dei precetti analitici, bensì all’intensità dei risultati, alla mobilità dei percorsi emotivi, al tentare un esito non previsto né classificabile.

Ma osservando uno dopo l’altro i dipinti avverto una domanda: cosa muove tutto questo? Da dove ha inizio questo viaggio nel colore percorso e a volte perturbato, a volte scosso o risonante come se la traccia del segno ne provocasse il senso nascosto? Guardando attorno a me nello studio, mi si presentano tutto il fervore, il raccoglimento, la silenziosa fatica, i fogli sparsi in apparente disordine, le tracce dei colori, i disegni come premonizioni di ciò che forse sarà. È nel percorrere queste fasi, a volte ardue, a volte felici, che prende corpo il lavoro di Raffaele, l’accendersi della sua particolare struttura cromatica, il risolversi a volte armonioso a volte drammatico dell’incontro di segno e colore.

È tentare di congiungere i sensi e la mente e proprio di questo non posso che dirgli grazie.