IL PRINCIPIO DELLA PITTURA

Gli artisti, prestando fede incondizionata all’ispirazione della loro vocazione artistica, non dovrebbero trascurare né tradire mai il senso del loro agire e del loro ricercare e, manifestando un attaccamento e una fedeltà alla propria poesia e al proprio linguaggio – come alle imprevedibili variazioni e declinazioni che ne derivano – devono legarsi strettamente all’individuale cogitare e opere. Con la pratica assidua, che asseconda l’urgenza comunicativa del loro animo, la singolare individualità nell’Arte rende manifesto un carattere peculiare.

Ragionando poi in termini di Pittura – nel caso specifico è fatto obbligato parlarne titolandola con l’iniziale maiuscola – questa dedizione totale al proprio lavoro è ravvisabile solo in pochi artisti: oggi, eccettuando i grandi maestri che rimangono come guide per quel percorso di esperienza protratto coscienziosamente nel tempo, le nuove generazioni di artisti si perdono nelle distrazioni edulcoranti di un mondo patinato e modaiolo. La pittura – e qui si ritorna al minuscolo – si smarrisce in un assurdo avvicendamento reciproco in cui tutti, con minime e trascurabili differenze, cercano di emulare chi al momento gode del favore – meritato? – di una generale attenzione superficiale. L’orientamento, purtroppo sempre con maggiore frequenza, viene tracciato non dal proprio sentire ma è dato da cosa ha successo e da cosa ‘va’ – ma non si sa mai dove esattamente – per la maggiore.

Gli artisti – giovani – troppo spesso non parlano di opere, di arte, del loro linguaggio o del contenuto profondo dell’indagine poetica, ma di gallerie, di mercato, di coefficienti e di speculazioni. Le loro asserzioni si sviliscono nel generale imbarbarimento mercantilistico dei tempi correnti. Bisogna recuperare il senso dell’agire, dell’esercitare e del fare Arte. Il senso vero di una pratica che è innata, che è dono da esprimere ma anche azione da rispettare e su cui pensare e riflettere. Un’azione da lasciar maturare nel tempo.

Raffaele Cioffi è l’esempio di un artista che non tradisce la sua missione e, nonostante sia esponente della nuova generazione di artisti impegnati e maturi, non raggira mai l’ostacolo del ragionare facendo ricorso alla ripetizione di virtuosismi vuoti, ma resta attento alla sua vocazione di pittore, guarda sempre dritto e dentro la sua Pittura. Pittura nuovamente da dichiararsi con la maiuscola. Pensando a lui, e al suo fare, potremmo parlare di pittore alla vecchia maniera, di artista d’altri tempi. Non certo nei soggetti delle opere, quanto nell’attitudine, nella forma mentis.

Mi è capitato di incontrarlo spesso in vista della preparazione di questa personale e non c’è stato mai luogo diverso dal suo studio: con un dipinto ancora fresco sul cavalletto, qualcuno in attesa di essere definito, le nostre parole non potevano fare a meno di ri-trovarsi in un tempo differente – o troppo lontano – dall’incrociare la presenza di qualche suo lavoro. Il dialogo si attiene al cospetto del suo oggetto, senza derive o divagazioni. L’asserzione – il principio – resta sempre la Pittura. L’opera innanzitutto, la Pittura come prima urgenza.

Non si fatica mai nemmeno troppo ad individuare il carattere forte di questo suo dipingere: Cioffi manifesta in ciascuna sua tela il valore totalizzante di un completo attaccamento alla sua pratica e con maggiore insistenza, per circoscrivere l’argomento al linguaggio da lui usato, il binomio tela-colore torna ad essere mezzo unico per esprimere non una vuota ripetizione di un motivo stanco, ma il felice mezzo con cui si svelano e dischiudono gli universi cromatici tipici delle sue visioni.

Nel colore e nel suo infinito combinarsi Cioffi individua lo spazio entro cui incanalare l’energia dirompente della sua poesia e i passaggi di stato, le variabili sottese alle singole sfumature, sollevano e sezionano il potenziale visivo di un’astrazione che non vuole farsi simbolo, ma riflessione. Il colore si contrae e si ammorbidisce in infiniti passaggi di toni, si rende rarefatto o si solidifica, si raggruma e si seziona in trasparenze e velature, si lascia dilagare in spazi e luoghi diversamente imponderabili. Si fa addentro ad un mondo che bypassa lo sguardo, da quello fisico ad uno mentale, per esplicitare il suo processo visivo. L’interno, il nucleo generante dell’accadere superficiale, svela il segreto potenziale del colore che in Cioffi non può che essere la sostanza dell’indagine emozionale occultata nel profondo dei suoi dipinti.

Sonda così una spazialità che supera la bi-dimensione della tela proprio in quello scavo – che può diventare anche emersione – del derma pittorico. In ciò non esclude i mezzi naturali della pittura: ritroviamo la sapienza della luce, la pratica della sostanza, la conoscenza delle alchimie dei colori, ma i termini del loro suggerimento poetico diventano urgenti nell’esperire e rispondere all’esperienza, divenuta fondante, di quella crescita emotivo-cognitiva che si ritrova nell’azione del principio generante e scatenante. L’opera è orizzonte infinito del narrabile.

L’accadere e il compiersi in ciascuna opera del plausibile-inesprimibile accentua un procedimento che rende simbiotica la reciprocità di razionalità con l’irrazionale, dell’automatismo e con l’involontarietà. L’incidenza della visione della sua Pittura è nel dichiarare il proprio senso in un attimo che sfugge quasi completamente alla totalità della logica: se la sua ricerca si svolge nel tentativo di trovare un controllo del processo formativo del colore, questo, eludendo sempre ogni interferenza, si agita nel postulare una sua indipendenza. Allo stesso modo chi osserva cerca un nesso, un’intuizione, che lo avvicini ad un senso allontanato, però, sempre dalla propria verità e che costringe ad un nuovo e più profondo cogitare.

Non c’è un ordine o un grado precostituito, ma, nelle autonome ed istintive contaminazioni, si accresce la reciprocità di tensioni di cui la sostanza pigmentata si fa mezzo di scambio. La pittura di Cioffi tradisce una biologica imponderabilità sub-dermica: è l’esplorazione di un desideroso e anelante sezionamento delle chimiche operative che mutano in azioni intellettive. La sostanza viva e pulsante del colore concretizza la miscela di escoriazioni vivaci di un sentire che prima di essere pertinente al percepire fisico-fisiologico – pur nascendo e germinando in un terreno di vita compresa e sensibile – sonda l’infinito campo del pensiero, l’indefinito. Il mistero occulto di ciò che sta sopra la forma.

La Pittura, quella vera non obnubilata dalla sola esteriorità dell’apparire, senza la necessità di confondersi e disperdersi nel citazionismo – è dato di fatto che Cioffi sia comunque un grande conoscitore della Storia dell’Arte e dei suoi protagonisti e delle loro esperienze – trova la genealogia della propria appartenenza e lascia sempre campo aperto alla derivazione nell’altro. Se la Pittura rimane un luogo fisicamente circoscritto al luogo della tela, Cioffi dà corso un’armonica coordinazione, vedendo, esplorando, indagando ogni membro, ogni frammento, ogni particella delle sue opere; sposta ad un grado superiore la mente. Il felice innalzamento del pensiero, la voglia di indagare il macrocosmo ristretto di fenomeni, che sono in bilico tra il fisico e il metafisico, tra il reale e l’apparente, tra l’esperienza e l’intuizione si plasmano come atti coinvolgenti la sensibilità di chi osserva. Una Pittura che sopraggiunge al carattere proprio di ciò che è senza tempo e senza luogo, che consegue la libertà totale nel farsi luogo di espressioni contaminati che sollecitano l’attenzione, rianimano la visione, incrementano l’applicazione. Il carattere della sua opera si fa ri-generativo e ri-conciliante per l’uomo e il suo pensare.

Si deve, a ragion veduta, parlare dichiaratamente di Pittura. Quella vera.

Questione di principio.